di Vincenzo Ferrari

Chiamandomi a presiedere una sessione di questo Convegno, prestigioso per l’autorevolezza dei relatori e importante per la valenza delle tematiche dibattute, il Prof. Giovanni Cimbalo ha voluto tributarmi un onore del quale gli sono grato, nella consapevolezza che l’assenza di meriti per esserne destinatario è stata colmata dalla sincera reciproca stima che ci deriva dai proficui rapporti di collaborazione accademica nell’ambito del COIS1, probabilmente facilitati dal fatto che entrambi parliamo il dialetto calabrese.

Mi ha colpito l’alto livello delle riflessioni raccolte nelle precedenti sessioni e sono sicuro che non saranno da meno quelle che seguiranno da parte degli illustri Colleghi ai quali passerò subito la parola. Permettetemi solo qualche osservazione. Non sta a me far alcuna sintesi dei lavori fin qui compiuti, piuttosto ritengo opportuno ricordare la relazione di apertura del Prof. Francis Delperée, che ci ha posto un quesito fondamentale sotteso a tutto il Convegno ed al quale ognuno di noi è chiamato a contribuire nella risposta. La domanda è: lo stato federale può essere uno stato sociale?2

Che i diritti sociali debbano annoverarsi fra i diritti umani non sarò certo io a revocarlo in dubbio. Anzi, da privatista, ritengo che la sfera dei diritti non affievolibili comprenda tanto i diritti civili quanto quelli sociali, ponendosi gli uni e gli altri sullo stesso piano nelle prerogative costituzionali della persona.3

Il problema che si pone attiene alle politiche di sostegno che vanno realizzate per garantire le risorse finanziarie necessarie a dare effettività ai diritti sociali. Tale problema coinvolge i temi di grande attualità della devolution e del federalismo, in stretta connessione con gli strumenti fiscali, dalle agevolazioni alle detassazioni, non dimenticando che essi pongono serie questioni sul piano dell’uguaglianza e della parità di trattamento, rimanendo tutt’altro che indifferenti ad altro tema fondamentale qual è quello che ruota intorno al principio di laicità e alle ricadute discriminatorie sul piano della libertà religiosa che potrebbero avere gli interventi agevolativi.

Con riferimento a tale aspetto va segnalato che la Corte costituzionale4 non ha mancato di censurare il legislatore regionale per la poca attenzione che, in alcuni casi, ha mostrato verso un indefettibile corollario del principio di laicità, che è dato dall’eguale libertà delle confessioni religiose.

L’altra faccia della medaglia, nelle politiche di sostegno dei diritti sociali, è data dai c.d. diritti della coscienza, che non solo la Costituzione italiana, ma anche l’ordinamento comunitario esplicitamente promuove dando corpo alla libertà di coscienza intesa come prerogativa dell’individuo di mantenere e preservare le proprie convinzioni.5

Le possibili ripercussioni fra diritti sociali e diritti della coscienza impongono, dunque, una ponderazione fra i due versanti che il dispiegarsi del principio di sussidiarietà orizzontale mette in luce nella prospettiva di un superamento del welfare state in direzione del welfare community.6

Pilastro della sussidiarietà va rivelandosi una tipologia di enti, costruiti sul modello fondazionale di origine civilistica, operanti nel settore dei servizi alla persona, come quelli derivanti dalla trasformazione delle IPAB7 e, più in generale, dalle fondazioni costituite o partecipate dagli enti locali per la gestione di servizi sociali.8

Una particolare attenzione va riservata alle fondazioni ecclesiastiche che la giurisprudenza qualifica di natura privatistica, tanto da devolvere alla giurisdizione ordinaria le controversie relative alla validità ed efficacia dell’atto costitutivo.9

Com’è noto l’istituto della fondazione, previsto dagli art.14 e seguenti del codice civile, è stato innovato dal DPR 10/2/2000 n.361, emanato ai sensi dell’art.20, 8° comma, l. 15/3/1999 n.59, in sede di regolamento di semplificazione amministrativa delegato all’esecutivo, che ha delineato un nuovo sistema di acquisto della personalità giuridica per le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato, consistente nell’iscrizione nel registro delle persone giuridiche istituito presso le prefetture.

Nella giurisprudenza anteriore alla riforma si pose il problema del rapporto tra negozio privato di fondazione ed atto amministrativo di riconoscimento della personalità, essendo il primo devoluto alla cognizione del giudice ordinario ed il secondo a quella del giudice amministrativo, con conseguente impossibilità di collegamento decisionale pur in presenza di innegabili interazioni dell’efficacia e/o della caducazione dell’uno rispetto all’altro.

Il dibattito dottrinale si è sviluppato nel tempo in relazione alla natura ed alla funzione del provvedimento di riconoscimento, inteso nella vigenza della norma contenuta nel codice civile come diretto ad operare in presenza di un autonomo substrato già esistente nell’ordinamento ed eventualmente già operante, ed a svolgere un controllo estrinseco su di esso, mirato e circoscritto alla valutazione, sulla base dell’atto costitutivo e dello statuto ed a tutela del pubblico interesse, della ricorrenza delle condizioni per la concessione a quell’ente delle specifiche prerogative riconosciute alle fondazioni, con particolare riferimento al beneficio della responsabilità limitata degli amministratori, con esclusione di ogni apprezzamento circa la validità dell’atto di autonomia privata che di quel substrato è fonte e regola.

Tali argomentazioni soccorrono anche con riferimento alla disciplina dettata dall’art.20, 1° comma, l. n.222 del 1985, ai sensi della quale la soppressione degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e la loro estinzione per altre cause hanno efficacia civile mediante l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche del provvedimento dell’autorità ecclesiastica competente che sopprime o ne dichiara l’estinzione. Infatti anche a tale riguardo si impone la distinzione – in alcun modo superata dalla norma suindicata, che si limita a disciplinare le modalità con le quali il provvedimento dell’autorità ecclesiastica viene recepito nell’ordinamento statuale – tra atto negoziale di costituzione dell’ente e provvedimento ecclesiastico che crea o sopprime la persona giuridica nell’ambito di quell’ordinamento, con la conseguenza che il sindacato sulla validità del primo, da svolgere secondo le norme civilistiche, non incide sul potere riservato all’autorità ecclesiastica di pronunciare sulla soppressione dell’ente.

Pertanto, deve ritenersi insussistente una riserva della giurisdizione ecclesiastica che impedisca al giudice italiano di conoscere l’atto di fondazione, quasi che all’autorità dello Stato residuino compiti di mera presa d’atto e di registrazione.

Qualunque interpretazione voglia adottarsi in materia non può non tener conto del principio di laicità che, nel rispetto della massima sempre attuale “libera Chiesa in libero Stato”, faccia operare i principi di uguaglianza e di non discriminazione, garantendo i diritti sociali senza sacrificare quelli della coscienza.

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Note

1 Consorzio interuniversitario per la gestione di siti web sul diritto delle persone, della famiglia, dei culti religiosi e delle confessioni religiose, con sede amministrativa presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università della Calabria. In occasione del precedente Convegno, tenutosi sempre a Ravenna nel 2004, avevamo preannunciato l’iniziativa di costituire un organismo che consentisse di mettere in rete materiali didattici e scientifici, altrimenti destinati a rimanere patrimonio esclusivo delle singole cattedre, affinché si desse luogo a condivisioni e sinergie produttrici di un più elevato livello di studi in materie fondamentali per la tutela della persona in una accezione di centralità nell’ordinamento giuridico.

Oggi il COIS è una realtà che vede consorziate le Università di Bologna, Firenze, Pisa, Salerno e della Calabria, la cui attività si espleta anche a livello internazionale: sono state stipulate convenzioni di collaborazione con le Università Kaunas, Pristina, Belgrado e con il Center for Constitutional Studies and Democratic Development.

Dal prossimo anno partirà la pubblicazione di una rivista telematica che consentirà di mettere a frutto le diverse e articolate esperienze che convergono nelle attività dell’organismo consortile, con un occhio attento alle principali novità dottrinali e giurisprudenziali.

Per una più compiuta informazione segnalo il sito www.cois.it.

2

? Mi pare che la relazione del Prof. Delperée sia particolarmente incisiva nell’individuare le tappe necessarie di un processo che, per rendersi garante dei diritti sociali in una organizzazione dei servizi a modulazione territoriale, non può prescindere da finanziamenti adeguati e da erogarsi in funzione solidaristica, pena l’introduzione di fattori di disuguaglianza che la sussidiarietà non sarebbe in grado di elidere.

3

? Il diritto sociale non può non avere il medesimo livello di esigibilità giuridica in un ordinamento come quello italiano che, all’art.3 Cost., non si limita ad affermare il principio di uguaglianza formale, ma ne sostanzializza il contenuto prevedendo che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona.

4

? Con sentenza 27/4/1993 n.195 (Foro It., 1994, I, 2986, con nota di COLAIANNI) la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art.11 l. Reg. Abruzzo 16/3/1988 n.29, nella parte in cui limitava l’accesso ai contributi per la realizzazione degli edifici di culto alla Chiesa cattolica e alle confessioni religiose che avessero sottoscritto le intese all’art.8, comma 3, Cost.

Stessa censura di incostituzionalità ha colpito l’art.11 l. Reg. Lombardia 9/5/1992 n. 20, con la sentenza 16/7/2002 n.346 (Foro It., 2002, I, 2935).

5

? Nell’ambito delle attività del COIS, segnalo il sito tematico “Libertà di coscienza e diritti umani”: www.licodu.it

6

? Un’ampia panoramica delle problematiche connesse a tale prospettiva si ritrova in G. CIMBALO – J.I. ALONSO PEREZ, Federalismo, regionalismo e principio di sussidiarietà orizzontale, Torino, 2005.

7

? Dopo la sentenza della Corte costituzionale 7/4/1988 n. 396 (Foro it., 1989, I, 46, con nota di SARACCO) che ha ritenuto in contrasto con l’art.38, ultimo comma, Cost., il monopolio delle istituzioni di beneficenza e di assistenza, la cui pubblicizzazione risaliva alla legge Crispi, il d. lgs. 207 del 2001 ha previsto la trasformazione delle stesse in associazioni e fondazioni di diritto privato.

8 Le fondazioni rientrano fra gli enti privati cui gli enti locali possono demandare la gestione di servizi sociali, in conformità alle discipline normative regionali di settore da emanarsi nel rispetto dei principi contenuti nell’art.113 del T.U.E.L.

9

? Sulla base della considerazione che l’attribuzione della personalità giuridica ad una fondazione di culto e religione non rileva agli effetti della natura pubblica dell’ente, a seguito dell’entrata in vigore della l. 20 maggio 1985 n.222, Cass., sez.un., 11 gennaio 1990, n.61, Foro It., Rep. 1993, voce Enti e beni ecclesiastici, n.15, devolve alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie di lavoro dei relativi dipendenti. Nello stesso senso, affermano la natura privatistica del rapporto di lavoro del dipendente di una fondazione cui non sia stata attribuita personalità giuridica di diritto pubblico con provvedimento amministrativo, Cass. 12 dicembre 1983, n.6724, id., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n.314; 29 aprile 1985, n.2763, id., Rep. 1985, voce cit., n.130.

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