di Anastasia Palma

Sommario

  1. La tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore
  2. La delega di funzioni ex art. 16 D. lgs n. 81 del 2008
  3. La sentenza 27 febbraio 2023 n. 8476 della IV Sezione Penale della Corte di Cassazione
  1. La tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore

L’articolo 2087 Cod. civ. impone all’imprenditore di adottare, nell’esercizio dell’impresa, tutte le misure che, in base alla particolarità del lavoro, dell’esperienza e della tecnica tutelano l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. La norma costituisce estensione del diritto alla salute che è costituzionalmente garantito ed elevato a rango di diritto fondamentale dell’individuo e della collettività. I beni presidiati dalla previsione codicistica finalizzati a garantite la più esaustiva tutela del lavoratore sono l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. La prima è da intendersi quale possesso del patrimonio anatomico, fisico e funzionale del lavoratore, la seconda, invece, si riferisce agli aspetti relazionali e alla dignità della persona.

La norma richiama i concetti di “particolarità del lavoro”, “esperienza” e “tecnica”. La particolarità del lavoro impone al datore di lavoro di adeguare le cautele preventive ai rischi connessi all’attività produttiva esercitata. Il criterio dell’esperienza, invece, richiede che si tenga conto dell’efficacia dei presidi anti infortunistici già adottati e degli incidenti e malattie verificatesi. Il criterio della tecnica impone che vengano disposti tutti gli accorgimenti progressivamente acquisiti al patrimonio tecnico-scientifico e generalmente utilizzati nei settore produttivo di riferimento. I tre criteri configurano l’obbligo di sicurezza come aperto, non determinato ed in continua evoluzione. Pertanto, il datore di lavoro ha l’obbligo di adeguare costantemente le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi o con riferimento al grado di evoluzione della tecnica: si tratta del principio della c.d. massima sicurezza tecnologicamente disponibile da intendersi nel duplice senso di adeguare costantemente il sistema preventivo aziendale e garantire il massimo livello di tutela.

All’obbligo generale così configurato si affianca una disciplina speciale che ha regolato, sulla scia dell’intervento comunitario, le misure antiinfortunistiche e di igiene ambientale. Il D.lgs. n. 81 del 2008 come successivamente integrato e modificato si basa sui seguenti pilastri: prevenzione, eliminazione o riduzione dei rischi e si applica a tutti i settori di attività, pubblici e privati nonché a tutte le tipologie di rischio, ad eccezione di talune discipline differenziate per specifiche attività. Il concetto di “lavoratore” è inteso quale persona che indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge una attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere o un’arte o una professione. La normativa fornisce una definizione di “datore di lavoro” diversa da quella civilistica che vale, perciò, ai soli fini previdenziali ed è basata su criteri sostanziali piuttosto che formali. La figura del datore di lavoro coincide non soltanto con il titolare del rapporto di lavoro con il prestatore, ma può essere rivestita anche da colui che ha la responsabilità dell’organizzazione del lavoro o dell’unità produttiva, ossia sul soggetto che esercita poteri decisionali o di spesa. Vi sono anche altri soggetti individuati dalla disciplina normativa quali garanti della sicurezza: il dirigente, il preposto e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP).

L’individuazione del datore, del dirigente e del preposto avviene sulla base del principio di effettività in relazione al quale le posizioni di garanzia (art.299 T.U. sicurezza) gravano su tali soggetti anche se sprovvisti di regolare investitura in quanto esercitano poteri giuridici e sono definiti garanti c.d. a titolo originario poiché titolari di posizioni tipizzate dalle norme. Accanto a tali figure vi è quella di un garante a titolo derivativo investito della responsabilità attraverso l’istituto della delega di funzioni.1

  1. La delega di funzioni ex art. 16 D. lgs n. 81 del 2008

La delega di funzioni è un istituto di derivazione giurisprudenziale e disciplinato dal D. lgs n. 81 del 2008. Consta di un atto che soggiace a requisiti di forma e di sostanza con il quale il datore di lavoro (delegante) trasferisce su un altro soggetto (delegato) gli obblighi e le responsabilità in tema di sicurezza originariamente gravanti su di lui. Non tutti gli obblighi di sicurezza sono delegabili, ve ne sono alcuni, quali la redazione del Documento di Valutazione dei Rischi e la designazione del RSPP che restano (art. 17) in capo al datore di lavoro.

La delega di funzioni non esclude il dovere di vigilanza che incombe sul datore di lavoro relativamente al corretto svolgimento da parte del delegato degli incarichi attribuitigli. L’obbligo si intende assolto ai sensi dell’articolo 16 T.U. attraverso l’adozione e la corretta attuazione di un modello di controllo. La normativa, inoltre, prevede la possibilità per il delegato, di subdelegare le proprie funzioni previo accordo con il datore di lavoro. 2

  1. La sentenza 27 febbraio 2023 n. 8476 della IV Sezione Penale della Corte di Cassazione

Posto che la delega di funzioni, ai sensi dell’art. 16 d. lgs. 9 aprile 2008 n. 81 va tenuta distinta dalla delega gestoria contemplata dall’art. 2381 c.c. va cassata la sentenza di merito che non abbia adeguatamente valutato la portata liberatoria, per i componenti del consiglio di amministrazione di una società di capitali, di una delega conferita dal consiglio stesso ad un proprio componente ove essa contenga tutti i requisiti previsti dalla normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Con la sentenza in commento la Corte si è pronunciata sulla distinzione tra l’istituto della delega di funzioni di cui all’art. 16 del D.lgs 2008 n. 81 che permette, alla presenza di talune condizioni di trasferire la posizione di garanzia che grava a titolo originario sul datore di lavoro ad altro soggetto e la delega gestoria (art. 2381 Cod. civ) che, viceversa, attiene alla ripartizione di attribuzioni e responsabilità nelle organizzazioni aziendali complesse finalizzata a garantire un adempimento più efficiente della funzione gestoria attraverso la valorizzazione delle professionalità e delle competenze esistenti nel Cda.

Nel caso di specie i giudici di seconde cure hanno confermato la sentenza del Tribunale di primo grado di condanna alla pena della reclusione nei confronti di un amministratore delegato di una ditta in ordine al delitto di lesioni colpose aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. L’addebito di colpa nei confronti dell’amministratore delegato è stato individuato nella violazione dell’articolo 64 del D. Lgs n. 81 del 2008 per non avere egli provveduto a tracciare nell’area di stoccaggio temporaneo dei bancali di prodotti imbottigliati le vie di circolazione.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto la contraddittorietà della motivazione in relazione al contenuto e alla portata della delega di funzioni rilasciata dall’imputato all’amministratore delegato della società. Sul punto, la Corte D’Appello aveva ritenuto che attraverso la delega di funzioni fossero state conferite funzioni riferite all’osservanza e all’applicazione delle norme in materia sicurezza sul lavoro e non funzioni inerenti all’organizzazione ed alla gestione della società. Il ricorrente riteneva che la delega in atti al direttore dello stabilimento si riferiva, invece, ad aspetti organizzativi, gestionali e di controllo dell’impresa; che l’amministratore delegato era anche direttore dello stabilimento con cui si confrontavano i lavoratori ed altre figure aziendali sul tema della sicurezza e tutela della salute sul lavoro e che la mancata indicazione nella delega in atti dei poteri di spesa non rilevava visto che gli interventi che avrebbero dovuto essere adottati non presentavano costi elevati.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso con riguardo al primo motivo assorbente riferito all’individuazione del soggetto investito della posizione di garanzia con riferimento all’infortunio verificatosi ritenendo non liberatoria la delega conferita dal ricorrente, datore di lavoro, all’amministratore delegato, poiché con essa erano stati attributi compiti riferiti l’osservanza e all’applicazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro e non già la diversa posizione di garanzia riferita, invece, a poteri organizzativi, gestionali dell’impresa in materia di sicurezza sul lavoro e, soprattutto, senza attribuzione di illimitati poteri di spesa per dotare l’impresa dei mezzi necessari alla tutela della sicurezza sul lavoro. Diversamente, il ricorrente ha osservato che la delega di funzioni rilasciata all’amministratore avesse tutti i requisiti previsti dall’articolo 16 T.U. n. 81 del 2008, dovendosi considerare, invece, di carattere liberatorio.

Sul punto la Corte di Cassazione ha effettuato una breve ricognizione della disciplina normativa della delega di funzione e della delega gestoria.

La delega di funzioni è lo strumento mediante il quale il datore di lavoro (e non anche il dirigente che è pure, in base alla normativa di cui trattasi investito a titolo originario come il preposto dei compiti relativi alla tutela della sicurezza sul lavoro) trasferisce i poteri e le responsabilità per legge connessi al proprio ruolo ad un altro soggetto. Quest’ultimo, in virtù della delega diventa garante a titolo derivativo, con conseguente riduzione e trasformazione dei doveri che sono in capo al delegante. Sul tema la Corte ha richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite sul ruolo della delega secondo cui nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera una traslazione dal delegante al delegato medesimo. Questi, per così dire, si libera di poteri e responsabilità che vengono assunti a titolo derivativo dal delegato. La delega, quindi, ridetermina la riscrittura della mappa dei poteri e delle responsabilità 3 e che residua, in ogni caso, tra l’altro, come l’art. 16 T.U. ha chiarito, un obbligo di vigilanza alta che riguarda il corretto svolgimento delle proprie funzioni. Ma ciò che qui maggiormente rileva è che non vi è effetto liberatorio senza attribuzione reale di poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa pertinenti all’ambito delegato. Nel caso di delega di funzioni permane in ogni caso, in capo al datore di lavoro delegante un preciso dovere di vigilanza relativamente al corretto espletamento delle funzioni trasferite al delegato e un altresì un preciso dovere di individuare quale destinatario dei poteri un soggetto che abbia le competenze e la professionalità necessaria. Il delegante nel caso in cui che non adempia a tali obblighi potrà essere chiamato a rispondere di eventi illeciti in caso di culpa in eligendo o culpa in vigilando. Peraltro, nella individuazione della responsabilità del datore di lavoro delegante, al fine di non incorrere nel rischio di configurare responsabilità di posizione del datore di lavoro che sarebbe in contrasto, fra l’altro, con la stessa previsione dell’istituto della delega, si è sostenuto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione che la vigilanza deve riguardare non il merito delle singole scelte, bensì il complessivo adempimento del debito di protezione e controllo affidato al delegato.

Diversamente la delega gestoria riguarda la ripartizione delle attribuzioni e delle responsabilità in organizzazioni complesse ed è volta a garantire un adempimento più efficiente della funzione gestoria e allo stesso tempo una specializzazione delle funzioni mediante la valorizzazione delle competenze e delle professionalità all’interno dell’organo collegiale. In una passaggio della sentenza la Corte ha operato una distinzione tra le società di capitali più semplici e società di capitali più complesse. Nelle prime vi è un amministratore unico titolare della ordinaria e della straordinaria amministrazione, nelle seconde, invece, l’amministrazione è demandata ad un organo collegiale (consiglio di amministrazione). In quest’ultimo caso, l’individuazione della posizione datoriale è più complessa tenendo conto della molteplicità di possibili modelli di amministrazione previsti dalla disciplina societaria. La sentenza richiama l’orientamento costante della giurisprudenza secondo cui anche nei casi in cui non siano previste specifiche deleghe gestorie l’amministrazione ricade per intero su tutti i componenti del consiglio e tutti i componenti del consiglio sono investiti degli obblighi riguardanti la prevenzioni degli infortuni sul lavoro posti a carico del datore di lavoro. (sez. IV n. 8118 dell’ 01/02/2017). Non di rado accade che il consiglio di amministrazione deleghi proprie attribuzioni o alcune di esse ad uno o più dei suoi componenti oppure ad un comitato esecutivo (c.d. board) mediante la delega gestoria di cui all’articolo 2381 Cod. civ. Pertanto, la norma, nel disciplinare l’istituto della delega gestoria contempla una serie di condizioni per accedere a tale modello nonché la previsione di limiti al suo utilizzo delineando il rapporto tra deleganti e delegati. Nello specifico è previsto che:

– la decisione di ricorrere alla delega deve essere autorizzata dai soci o deve essere prevista dallo statuto (art. 2381 comma 2);

-in presenza di detta autorizzazione il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti; in tal caso deve determinare il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega; sulla base delle informazioni ricevute valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione (art. 2381 comma 3);

-sono indicate alcune attribuzioni non delegabili, ovvero quelle indicate negli articoli 2420 ter, 2423, 2443, 2446, 2447, 2501 ter e 2506 bis cod. civ.: si tratta della delibera inerenti emissione di obbligazioni convertibili, della redazione del bilancio di esercizio, delle delibere inerenti gli aumenti di capitale, delle delibere di riduzione del capitale in ipotesi di grave sofferenza, della redazione di progetti di scissione e fusione in cui vengono in rilievo attribuzioni di tipo organizzativo. (art. 2381 comma 4);

-gli organi delegati, infine, devono curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa e devono riferire al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate (art. 2381 comma 5 ). Ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società (art. 2381 comma 6).

Ancora, sulla delega gestoria la Corte ha ritenuto che ai fini della individuazione della figura datoriale in presenza di deleghe gestorie, si pone l’accento sulla necessità di verificare in concreto la effettività dei poteri di gestione e di spesa dei consiglieri delegati. Così le Sezioni Unite nella sentenza Espenhahn già richiamata, dato atto che “nell’ambito di organizzazioni complesse, d’impronta societaria, la veste datoriale non può essere attribuita solo sulla base di un criterio formale, magari indiscriminatamente estensivo, ma richiede di considerare l’organizzazione dell’istituzione, l’individuazione delle figure che gestiscono i poteri che danno corpo a tale figura” hanno confermato la correttezza della attribuzione della qualifica di datore di lavoro all’intero board, ovvero di un comitato esecutivo composto dall’amministratore delegato della società e da altri consiglieri delegati riconoscendo “l’effettività dei poteri di gestione e di spesa” esercitati anche da tali soggetti che valeva ad attribuire loro la qualifica di datori di lavoro unitamente all’amministratore delegato. Nel caso concreto si era accertato che il board, pur formalmente dismesso, era stato coinvolto in tutte le decisioni gestionali e finanziarie di fondo che trascendevano dalla materia dalla sicurezza e riguardavano la complessa organizzazione aziendale. Analoga impostazione, anche se a contrario, si rinviene in altra sentenza relativa alla responsabilità di alcuni ex dirigenti dell’industria meccanica­ elettromeccanica Franco Tosi s.p.a. in relazione al reato di omicidio colposo in danno di lavoratori esposti ad amianto: la Corte, muovendo dall’assunto che i componenti del comitato esecutivo (c.d. Board) possano assumere posizioni di garanzia ove sia ravvisabile la loro reale partecipazione ai processi decisori con particolare riferimento alle condizioni di sicurezza del lavoro, ha ritenuto immune da censure la sentenza di merito che aveva assolto i componenti del comitato esecutivo sia perché questo non si era mai riunito, sia perché attribuzione e poteri erano stati di fatto delegati dall’amministratore delegato ad altri soggetti non componenti del comitato esecutivo, né membri del consiglio di amministrazione (Sez 4 n. 5505 del 10/11/2017). L’accento posto dalla giurisprudenza sulla effettività dei poteri di gestione e di spesa del soggetto delegato (o del board composto di soggetti delegati) è correlato alla definizione di datore di lavoro, in senso prevenzionistico, contenuta nell’art. 2 comma 1 lett. b) del d.lgs n. 81/2008, a norma del quale è datore di lavoro “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o comunque il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. Se, dunque, in senso prevenzionistico è datore di lavoro il soggetto che, in quanto investito dei poteri decisionali e di spesa, ha la responsabilità dell’organizzazione o della unità produttiva, il giudice penale anche in presenza di una formale delega gestoria che riguardi la materia della sicurezza dovrà interrogarsi se e come i soggetti delegati siano stati messi in condizione di partecipare ai relativi processi decisori.

In caso di delega gestoria il dovere di controllo che permane in capo ai membri del cda discende dagli obblighi di cui agli artt. 2381 comma 3 e 2932 comma 2 Cod.civ.(così come modificati dalla riforma del diritto societario con il D.lgs n. 6 del 2003 che ha abolito il generale dovere di vigilanza di tutti gli amministratori sull’andamento generale della società). Da tali disposizioni ne deriva che il consiglio di amministrazione oltre a determinare il contenuto della delega gestoria ha la facoltà di impartire direttive e deve, sulla base delle informazioni ricevute, valutare l’adeguatezza dell’assetto della società e l’aspetto gestionale. Inoltre, gli amministratori sono solidalmente responsabili nel caso in cui venuti a conoscenza di fatti pregiudizievoli non abbiano fatto il possibile per eliminare o ridurre le conseguenze dannose (art. 2932 comma 2 Cod. civ.). Sul punto la Corte ha richiamato l’orientamento della dottrina secondo cui la delega in esame non abbia carattere abdicativo e che l’affidamento di determinate attribuzioni agli organi delegati venga a creare una sorta di competenza concorrente tra delegati e deleganti, come reso evidente dalla espressa previsione di cui all’art. 2381 comma 3 cod. civ. per cui il consiglio “può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega”. Con riferimento all’ambito del diritto penale del lavoro, tuttavia, si deve ritenere che alla concentrazione dei poteri e delle attribuzioni in capo ad alcuni soggetti, giustificata dalla necessità di un più proficuo esercizio, debba corrispondere in via generale una esclusiva responsabilità, sempre che si accerti che il consiglio delegante abbia assicurato il necessario flusso informativo ed esercitato il potere dovere di controllo sull’assetto organizzativo adottato dal delegato.

Inoltre, in caso di delega gestoria l’obbligo di adottare le misure antinfortunistiche e di vigilare sulla loro osservanza, si trasferisce dal consiglio di amministrazione al delegato rimanendo in capo al primo residui doveri di controllo sul generale andamento della gestione e intervento sostitutivo (Sez.4, n. 4968 del 06/12/2013 dep. 2014).

Pertanto, la Corte ha affermato che la delega di funzioni di cui all’articolo 16 del D.lgs n.81 del 2008 presuppone una serie di poteri connessi agli obblighi del datore di lavoro verso altre figure a lui non riconducibili e che tali non diventano a seguito della delega. La delega gestoria, invece, anche nell’ipotesi in cui abbia ad oggetto la sicurezza sul lavoro e si tratti di società complesse permette di concentrare i poteri decisionali e di spesa correlati alla funzione datoriale che fa capo ad alcuni membri della società, ossia al consiglio di amministrazione su alcuni di essi. Nel caso di delega di funzioni il conferimento dei poteri di spesa è un requisito essenziale e dev’essere adeguato alle necessità collegate allo svolgimento delle funzioni delegate. Nella disciplina della delega gestoria, rilasciata ad un soggetto che già riveste la qualifica di datore di lavoro e possiede i relativi poteri tra i quali quello di spesa, non vi analogo riferimento. Così, non sono delegabili da parte del datore di lavoro ai sensi dell’art. 16 d.lgs n. 81/2008 gli obblighi che costituiscono l’essenza della funzione datoriale e della sua preminente posizione di garante, ovvero la valutazione del rischio, preordinata alla pianificazione e predisposizione delle misure necessarie, e la nomina del responsabile del servizio prevenzione e protezione, la delega gestoria permette che tali adempimenti vengano eseguiti dal delegato, mutando il contenuto del dovere prevenzionistico facente capo ai deleganti. Infatti, l’attività di vigilanza richiesta dall’art. 16 comma 3 del d.lgs n.81/2008 è differente dal dovere di controllo imposto ai membri del consiglio di amministrazione deleganti, che, come visto, deve essere ricondotto agli obblighi civilistici di cui agli artt. 2381 comma 3 cod. civ. e 2932 comma 2 cod. civ. In tale ultimo caso, stante la concentrazione dell’esercizio dei poteri in capo ad una figura che è già datore di lavoro, a riguardo dei deleganti si potrà configurare un dovere di verifica sulla base del flusso informativo, dell’assetto organizzativo generale e un vero e proprio potere di intervento anche con riferimento alla adozione di singole misure specifiche nel caso in cui vengano a conoscenza di fatti pregiudizievoli, id est di situazioni di rischio non adeguatamente governate. In conseguenza della violazione di tali obblighi, potranno essere ritenuti responsabili di violazione alla normativa antinfortunistica e di eventi di danno occorsi ai lavoratori nell’esercizio dell’attività lavorativa.

La Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello non si è soffermata adeguatamente sulla natura della delega in atti e sull’eventuale portata liberatoria nel ritenere che l’imputato ricorrente non avesse delegato la posizione di garanzia riferita ai poteri connessi all’organizzazione e alla gestione dell’impresa relativamente alla sicurezza sul lavoro e nel negare il potere liberatorio di tale delega abbia fatto riferimento all’istituto della delega di funzioni (art.16 del D.lgs. n. 81/2008). Nella motivazione della sentenza impugnata si fa un improprio riferimento alla mancata indicazione del “potere illimitato di spesa” e si introduce, così, come requisito necessario ai fini della portata liberatoria della delega, un elemento che non è previsto neanche dall’art. 16 cit., il quale richiede l’attribuzione al soggetto delegato della autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate. Nella motivazione, inoltre, si afferma che erano stati delegati compiti relativi all’osservanza e alla applicazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro e non già compiti organizzativi e che in ogni caso non era stato esercitato adeguatamente da parte del ricorrente il potere di vigilanza: a prescindere dalla terminologia, più o meno impropria, utilizzata nella descrizione del tipo di poteri conferiti, la Corte non ha valutato che la delega di cui ai verbali del consiglio di amministrazione della società era stata conferita dal consiglio di amministrazione della società ad un componente del consiglio stesso con astratta concentrazione su tale ultimo soggetto delle attribuzioni in materia di sicurezza. La Corte, dunque, nel valutare la eventuale portata liberatoria della delega rispetto ai soggetti deleganti, avrebbe dovuto prendere in esame le sue caratteristiche; verificare se sussistevano le condizioni di operatività e l’effettività dell’esercizio da parte del delegato dei poteri e delle attribuzioni conferite; chiarire se detta delega valesse a concentrare la funzione datoriale in senso prevenzionistico in capo all’amministratore delegato in materia di sicurezza, se e quali doveri di controllo permanessero in capo ai deleganti ed eventualmente come in concreto quei doveri fossero stati esercitati.

Dunque, l’esatta perimetrazione del ruolo del ricorrente, in ragione della delega conferita ad un componente del consiglio di amministrazione, è necessariamente preliminare e da tale perimetrazione discendono conseguenze anche in ordine al contenuto della sua posizione di garanzia (quale datore di lavoro che ha rilasciato una delega di funzioni ex art. 16 d.lgs n.81/2008, ovvero quale datore di lavoro che ha adottato una delega gestoria ex art. 2381 cod. civ. con concentrazione dei poteri in capo ad un consigliere). Solo all’esito di tale operazione, che dovrà essere effettuata dal giudice di merito sulla base dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie, sarà possibile operare la verifica della idoneità delle regole cautelari violate ad impedire l’evento.

Con la sentenza in commento la Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte D’Appello chiamata, nel nuovo giudizio, a valutare la delega in atti e a chiarire in che termini la delega in questione possa rilevare ai fini dell’individuazione della figura datoriale in senso prevenzionistico al fine di accertare i doveri di controllo che residuano in capo al delegante.

Note

1 Cfr. G. Santoro-Passarelli, Diritto dei lavori e dell’occupazione, Diritto sindacale, rapporti di lavoro e ammortizzatori sociali, Giappichelli Editore, 2019, pp. 311-316

2 Ibid., pag. 316

3 Cfr. sentenza n. 38343/2014

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