di Giuseppe Donnici

Sommario

  1. La premessa
  2. La natura
  3. L’iter procedurale in sintesi. Esame di alcune criticità
  4. Conclusioni e riflessioni

1. La premessa

Ormai da qualche decennio, le imprese italiane sono affette da una anemia finanziaria e di risultati tale da porle, nella migliore delle ipotesi, in una situazione di stasi che mal si concilia con il turbo mercato globale. I competitors stranieri, meglio attrezzati (sempre più spesso) anche dal punto di vista tecnologico, hanno progressivamente conquistato quote di mercato che, in precedenza, erano ad esclusivo appannaggio del made in Italy. Così, negli ultimi 10 anni, l’export di beni, che ha iniettato liquidità vitale nel tessuto commerciale, ha subito una contrazione anche a causa della, auspicabilmente incrementabile, attenzione rispetto ai mercati dei paesi emergenti (Cina, India, Messico) che hanno registrato un indice di penetrabilità superiore da parte di paesi membri tipo Francia e Germania pur essendo, il prodotto made in Italy, il più richiesto ed imitato (in alcuni settori, l’export Italiano supera quello tedesco e francese)1.

Una parte significativa delle ragioni del declino è rinvenibile nell’assenza di politiche economiche e di sviluppo a vantaggio di tutti gli stati membri dell’Unione Europea, alle quali si è accompagnata la mancanza di protezione delle aziende che producono valore all’interno dei vari territori nazionali. I fenomeni di dumping fiscale (posti in atto dai paesi più rigoristi), e le conseguenti delocalizzazioni, hanno contratto la domanda interna degli stati depauperati e, con essa, i consumi. Date queste premesse, è facile dedurre che i primi a pagarne le conseguenze saranno gli Stati con un debito pubblico più difficile da gestire e sostenere posto che avranno meno risorse da destinare alla digitalizzazione, alla ricerca ed allo sviluppo del settore commerciale.

Dipinte, in estrema sintesi, le dinamiche di un mercato sempre più spesso viziato da logiche populiste, possiamo ritenere che, forse con ritardo, si è cercato di calmierarne gli effetti attraverso la Direttiva del Parlamento e del Consiglio Europeo del 20/06/2019 2 (c.d. direttiva Insolvency) che, in maniera quasi sarcastica, all’inizio dell’art. 1 testualmente recita: “L’obiettivo della presente direttiva è contribuire al corretto funzionamento del mercato interno…” e, prosegue “…mira a rimuovere tali ostacoli garantendo alle imprese e agli imprenditori sani che sono in difficoltà finanziarie la possibilità di accedere a quadri nazionali efficaci in materia di ristrutturazione preventiva che consentano loro di continuare a operare, agli imprenditori onesti insolventi o sovraindebitati di poter beneficiare di una seconda opportunità mediante l’esdebitazione dopo un ragionevole periodo di tempo, e a conseguire una maggiore efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, in particolare attraverso una riduzione della loro durata…

Al quadro sinora dipinto, si dovranno aggiungere gli effetti della pandemia da Coronavirus che, chiaramente, hanno colpito un mercato già sofferente e con evidenti lacune da addebitare, in proporzione mutevole, ai Governi Nazionali ed alle Istituzioni Europee. Posti all’interno di questo contesto, assumono ancora più rilevanza gli istituti previsti dal Codice della Crisi di Impresa, tutti fisiologicamente orientati ad arginare il diffuso fenomeno della crisi e dell’insolvenza. L’Organismo di Composizione della crisi di Impresa, ontologicamente deputato all’identificazione del momento patologico ed alla successiva individuazione dell’apposito rimedio, si collocherà in una posizione decisamente strategica.

2. La natura

La vocazione dell’Organismo può essere desunta dalla relazione Ministeriale 3 che lo definisce come :“luogo di incontro tra le contrapposte, ma non necessariamente divergenti, esigenze del debitore e dei suoi creditori, secondo una logica di mediazione e composizione, non improvvisata e solitaria, bensì assistita da organismi professionalmente dedicati alla ricerca di una soluzione negoziata”.

Tale definizione è perfettamente in linea con quanto stabilito dalla direttiva “Insolvency”4 riguardo agli strumenti di allerta precoce ed i servizi di consulenza forniti da organizzazioni pubbliche e private.

Per comprenderne appieno l’essenza, però, è necessario andare oltre la lettera della Relazione Ministeriale ed esaminare quali siano gli obblighi posti in capo all’Organismo una volta espletato l’iter procedurale previsto. Ed infatti, l’obbligo di segnalazione al Pubblico Ministero in caso di esito infruttuoso della procedura, ne dipinge un duplice volto con funzioni probabilmente antitetiche e, potenzialmente, dissuasive dell’utilizzo: all’aiuto fornito in favore del debitore per raggiungere un accordo con i creditori, si contrappone un obbligo di segnalazione all’Autorità Giudiziaria che assurge a ruolo di tutela dell’interesse pubblico posto che è finalizzata ad evitare ulteriori frustrazioni delle ragioni creditorie e ipotesi di contagio all’economia in generale. Tale aspetto è stato oggetto di critica in relazione agli eventuali rischi che ne possono discendere.

Quanto riferito dalla Relazione Ministeriale, in definitiva, non può essere considerato esaustivo se saggiato al cospetto delle funzioni effettivamente svolte dall’Organismo che, di fatto, è molto di più di quanto descritto.

3. L’iter procedurale in sintesi. Esame di alcune criticità

Il procedimento davanti all’OCRI prevede due fasi distinte ed autonome. La prima muove dalla segnalazione (artt. 14 e 15 CCI), passa dall’audizione del debitore (art. 18 CCI) e dall’individuazione degli elementi fondanti della crisi per, infine, approdare alla parte operativa, ossia quella che prevede l’identificazione e l’utilizzazione dello strumento più idoneo al risanamento dell’impresa.

Il percorso di questa fase è obbligatorio, nel senso che sorge in capo al debitore l’obbligo di accedervi in seguito alle segnalazioni previste dagli artt. 14 e 15 CCI (le segnalazioni interne e le segnalazioni esterne).

Al termine della prima, può aprirsi la seconda fase, quella della “composizione assistita della crisi” che è certamente successiva alla fase dell’allerta (se questa è attivata), altrimenti può avere carattere autonomo posto che il debitore può, motu proprio, accedervi senza alcuna preventiva segnalazione (saltando la prima fase). Lo si deduce dal tenore letterale dell’art. 19 CCI laddove viene espressamente specificato che la composizione assistita è : “su istanza del debitore, formulata anche all’esito dell’audizione di cui all’articolo 18”.

Ulteriore conforto alla tesi di cui sopra si ottiene dalla lettura dell’art. 54 CCI, segnatamente al comma n. 4, laddove viene specificato che la pubblicazione nel Registro delle Imprese dell’avvenuta richiesta di applicazione delle misure cautelari e protettive spetta al debitore che ha presentato istanza di composizione assistita della crisi o sia stato convocato dall’OCRI.

Da questa facoltà (e da molte altre) posta in capo al debitore, ne discendono alcuni aspetti degni di menzione: il primo riguarda la responsabilizzazione dell’imprenditore riguardo la gestione della fase dell’allerta. L’inciso “o sia stato convocato dall’OCRI”, riferendosi all’audizione di cui all’art. 18 CCI, impone ai soggetti coinvolti uno stato mentale di massima attenzione che dovrà sostituirsi alle eventuali diffidenze verso gli Organi di controllo, ed il loro operato, che potrebbero caratterizzare la prima fase dell’allerta.

Un altro aspetto da non sottovalutare (e da facilitare) riguarda l’outing dell’imprenditore che chiede di accedere alle misure cautelari e protettive. Quello che la norma non può dire è che, per coglierne il senso più autentico, intendendo per tale quello che fu il principio ispiratore del legislatore5, è necessario che i fruitori della stessa dovranno autonomamente porsi nella condizione mentale di non considerare l’accesso all’OCRI come un pericolo da scongiurare, ma come una opportunità da cogliere. Le segnalazioni di cui agli artt. 14 e 15 CCI, e le eventuali istanze di composizione assistita (art. 19 CCI), dovranno essere presentate all’OCRI costituito presso la Camera di Commercio ove si trova la sede legale dell’impresa.

Presso ogni OCRI sarà nominato un Referente che avrà il duplice compito di comunicare agli Organi di controllo l’avvenuta ricezione della segnalazione e di chiedere, a ciascuno per le proprie competenze, la designazione dei componenti dell’Organismo al Presidente del Tribunale (Sezione Imprese) ed al Presidente della Camera di Commercio.

Il neo costituito Organismo, entro 15 giorni dalla ricezione della segnalazione, dovrà convocare il debitore e gli Organi di controllo al fine di sentirli in via riservata e confidenziale.

La mancata comparizione del debitore non esimerà il Collegio dalla verifica dell’esistenza dello stato di insolvenza posto che, l’art. 22 CCI impone allo stesso di comunicare al Referente l’esito dell’audizione. A sua volta, il Referente, dovrà effettuare la segnalazione al Pubblico Ministero che, verificata la sussistenza dello stato di insolvenza, avrà 60 giorni di tempo per chiedere la liquidazione giudiziale ex art. 38 CCI.

A parere di chi scrive, questo meccanismo iniziale nasconde delle insidie potenzialmente dannose per il sistema.

La prima riflessione riguarda il reperimento delle informazioni che, il più delle volte, non sarà possibile concludere in sede di audizione del debitore ex art. 18 CCI 6.

Dovrà essere l’imprenditore, nel suo interesse, a dotarsi per tempo, ed auspicabilmente prima dell’audizione, di un corredo informativo idoneo a dimostrare che gli scaduti rientrano nell’ambito fisiologico e che i flussi di cassa prospettici al servizio del debito saranno in grado di creare la provvista necessaria per i relativi adempimenti.

Stesso discorso per quanto riguarda i “ritardi nei pagamenti reiterati e significativi”.

Fornire un mero dato numerico porrebbe il Collegio nella situazione di dover interpretare autonomamente gli elementi messi a disposizione, mentre, una rappresentazione fluida rivelerà, con più chiarezza ed intelligibilità, lo stato di salute dell’impresa, la serietà della stessa circa la volontà di porre rimedio allo stato di crisi e l’individuazione dello strumento più idoneo per raggiungere l’obiettivo della ristrutturazione con conseguente reingresso nell’agone commerciale.

Le presumibili criticità di questa fase potrebbero essere ricondotte a quelle ipotesi in cui gli indici della crisi non sono facilmente intelligibili. In effetti, non tutti i fondati indizi (indicatori ed indici di cui all’art. 13 CCI), si traducono necessariamente in concrete situazioni di crisi o di insolvenza. Il problema, dunque, nasce dall’interpretazione dei dati forniti all’Organo di controllo che, a sua volta, dovrà effettuare la segnalazione all’Organo amministrativo e, in caso di inerzia di quest’ultimo, all’OCRI.

L’art. 14, comma II, CCI, impone uno standard qualitativo alla segnalazione che, in sintesi, non dovrà essere una mera tabella riepilogativa dei numeri attraverso i quali si ritiene di poter dimostrare l’esistenza di una anomalia, ma, vigendo l’obbligo di “motivazione”, tali numeri dovranno essere accompagnati da un ragionamento esplicativo in grazia del quale si possa dedurre che i dati esaminati si sostanziano in atto, e non solo in potenza, in elementi tali da imporre un immediato intervento.

Ad eliminare questo “chiaroscuro”, dovrebbe essere sufficiente una corretta applicazione degli articoli 3, 4 e 5 CCI che impongono, rispettivamente ai debitori, ai creditori ed ai componenti del Collegio, uno status morale e fattivo adeguato alla vicenda che li coinvolge 7.

La scelta della procedura da adottare dipenderà dal caso specifico e potrà essere rinvenuta tra quelle previste dall’art. 37 e ss. CCI, un piano attestato di risanamento (art. 56 CCI), o la composizione assistita prevista dall’art. 19 CCI.

La fase dell’allerta, quindi, può essere considerata positivamente conclusa solo nel caso in cui il debitore adotti effettivamente le misure per neutralizzare la crisi in precedenza concordate con l’OCRI.

Non sempre, però, questo sarà possibile.

In alcuni casi, il Collegio si troverà ad esaminare casi per i quali non sarà possibile proporre una soluzione diversa da quella liquidatoria.

Sul tema, è necessario un breve approfondimento che parta dalla raccomandazione Europea n. 135 / 2014 EU 8 che pone tra i suoi obiettivi quello di “consentire alle imprese sane in difficoltà finanziaria di ristrutturarsi in una fase precoce, per evitare l’insolvenza e proseguire l’attività9.

Il riferimento alla prosecuzione dell’attività è pregno di significato poiché diviene l’addentellato logico che informa l’intera struttura dell’allerta definendone i contorni ed identificando strumenti applicativi connessi.

Partendo da questi presupposti, è facile individuare nella conservazione della continuità soggettiva dell’impresa il vero obiettivo che le misure di allerta intendono perseguire; ne discende che, fin tanto che sarà possibile mantenere la continuità, sarà consentito l’intervento dell’Ocri e l’utilizzo di strumenti che rinvengono nella continuità soggettiva dell’impresa il loro tratto distintivo ( i concordati in continuità diretta e gli accordi di ristrutturazione del debito); ove questo obiettivo non sarà perseguibile, il Collegio degli esperti dovrà indirizzare l’imprenditore verso ipotesi liquidatorie tipiche delle procedure concorsuali (liquidazione giudiziale, concordato in continuità indiretta che preveda la cessione dell’azienda, concordato interamente liquidatorio).

4. Conclusioni e riflessioni

Le agenzie specializzate nello studio dei fenomeni sociali ed economici prevedono nel 2020 una contrazione del PIL Italiano pari al 9 % 10. Le cause saranno ascrivibili (anche) alla discesa repentina della propensione al rischio (anche quello minimo) ed alla difficile soluzione del problema relativo allo stimolo dei consumi (abbassare i prezzi di vendita ed i relativi margini di guadagno?) . E’ ragionevole ritenere che i consumi potranno riprendere un trend positivo solo dopo un lasso di tempo che comporterà la stabilizzazione della fiducia dei consumatori con conseguente consolidamento della domanda . In questo contesto, specialmente in determinati settori (si pensi al settore turistico) non è difficile pensare ad ipotesi di “insolvenza diffusa”.

Cadere nel tranello di considerare l’OCRI come l’anticamera della liquidazione giudiziaria significherebbe aggravare gli effetti negativi della pandemia posto che non si coglierebbe la ragion propria del Collegio.

L’OCRI, si ribadisce, dovrà essere lo strumento attraverso il quale le imprese raggiungeranno l’obiettivo della resilienza che potrà consentire loro di tornare a produrre ricchezza e valori da immettere nel mercato.

Il rinvio al mese di settembre del 2021 dell’entrata in vigore del codice, nella sostanza, cambia poco le cose.

In questo lasso di tempo le imprese subiranno un notevole contraccolpo e, nella migliore delle ipotesi, tralasceranno l’adeguamento ai nuovi parametri in favore dell’istinto di “conservazione” che la congiuntura economica inevitabilmente sollecita: l’istinto di “sopravvivenza” potrebbe prevalere su quello della “rigenerazione” o, quanto meno, potrà impedirne un sano ed efficace sviluppo. A parere di chi scrive, l’unico investimento che potrà produrre un sicuro ritorno sarà quello effettuato in termini di formazione in favore degli imprenditori e degli advisors. Per ora, sono pochi quelli che si stanno muovendo in questa direzione.

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Note

1 Rapporti ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane 2016 -2017 – 2018 – 2019) www.ice.it/it

2 Il testo completo della Direttiva su https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32019L1023

3Cfr Relazione illustrativa al codice della crisi di impresa del 10/01/2019

4 Cfr. nota n. 2

5Cfr Relazione illustrativa al codice della crisi di impresa del 10/01/2019

6 In questo senso R. Ranalli : “Le misure di allerta dagli adeguati assetti sino al procedimento avanti all’Ocri” pag. 163, edito da Giuffrè Francis Lefebvre.

7Dottrina e Giurisprudenza Statunitensi, in relazione allo spostamento degli obblighi degli amministratori di società in crisi in favore della tutela del ceto creditorio, denominano questo fenomeno “shifting duty”.

8 Il testo della raccomandazione denominata. “raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2014 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza” è presente sul sito eur-lex.europa.eu

9 L’inciso è testualmente riportato nella Relazione illustrativa al CCI del 10 gennaio 2019.

10 Fonte: Nomisma.it

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