di Giuseppe Carratelli

Nota a: ord. Cassazione sez. un. 28/07/2021 n. 21642

Sommario

  1. La giurisprudenza delle sezioni unite in subiecta materia
  2. I principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n.21642/2021
  3. Conclusioni: conseguenze sul piano pratico

1. La giurisprudenza delle sezioni unite in subiecta materia

Con la sentenza della Corte costituzionale n. 114/2018, la Consulta ha ritenuto che in relazione alla portata del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, la linea di confine fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione è costituita dalla notifica della cartella esattoriale, tenuto conto di quanto previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, per modo che le questioni insorgenti fino a tale momento restano devolute alla giurisdizione tributaria.

Quindi, contrariamente al passato, si sta consolidando un indirizzo univoco della giurisprudenza di legittimità, in base al quale, in primo luogo, “ove alla notifica della cartella non segua, entro un anno, l’avvio dell’azione esecutiva, il debitore può sempre opporsi alla intimazione di pagamento successivamente notificata ai sensi dell’art. 50 d.P.R. n. 602/1973, per contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata, trattandosi di opposizione “pre-esecutiva” ex art. 615, comma 1, c.p.c.” (Cass. n. 6833/2021); nondimeno, “in relazione alle controversie aventi ad oggetto una opposizione proposta da un privato avverso l’esecuzione intrapresa (o minacciata, ndr) da un soggetto pubblico con una intimazione di pagamento, al fine di individuare se la giurisdizione appartenga al giudice tributario o al giudice ordinario non rileva lo strumento utilizzato per procedere alla riscossione, ma la natura del credito fatto valere, dovendosi in particolare verificare se quest’ultimo scaturisca da una pretesa impositiva della P.A. o se costituisca il semplice corrispettivo di una prestazione erogata da un soggetto pubblico in esecuzione di un rapporto privatistico” (Cass. SSUU n. 11293/2021).

Chiudono il cerchio le Sezioni Unite, secondo cui “il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così individuato: alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria (inclusi i fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale) che si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, in caso di notificazione omessa, inesistente o nulla degli atti prodromici; alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell’atto esecutivo come tale (a prescindere dalla esistenza o dalla validità della notifica degli atti ad esso prodromici) nonché sui fatti incidenti in senso sostanziale sulla pretesa tributaria, successivi all’epoca della valida notifica della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento o successivi, in ipotesi di omissione, inesistenza o nullità di detta notifica, all’atto esecutivo che abbia assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione” (Cass. SSUU n. 7822/2020).

In estrema sintesi, l’opposizione all’intimazione di pagamento rappresenta null’altro che un ordinario giudizio di cognizione – pre-esecutiva – sul diritto del concessionario, e, prima ancora, dell’ente impositore, di procedere in executivis sulla base delle cartelle esattoriali la cui efficacia esecutiva, scaduta per il decorso dell’anno dalla sua notificazione, l’intimazione di pagamento mira a ripristinare, sul quale ha giurisdizione il giudice del carico esattoriale.

2. I principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione 21642/2021

L’ordinanza che si annota ripercorre l’articolato dibattito giurisprudenziale sulla giurisdizione in materia di procedure espropriative avviate su impulso dell’agente della riscossione.

La questione che attiene all’individuazione del giudice – ordinario o tributario cui è devoluta la cognizione dell’opposizione proposta avverso un atto di pignoramento effettuato in forza di crediti tributari e basata sulla dedotta mancata o invalida previa notificazione della cartella di pagamento recante la suddetta pretesa creditoria (o comunque di un altro atto che deve precedere l’inizio dell’espropriazione) è stata oggetto di numerose pronunce della Suprema Corte di Cassazione a sezioni Unite, in cui si sono contrapposti, di recente, due complementari principi.

Per un verso, Cass. S.U. 4.12.2019, n. 34447, modificando il precedente indirizzo (Cass.S.U. 14648/2017), ha ritenuto che la notifica della cartella di pagamento “…non impugnata (o vanamente impugnata) dal contribuente nel giudizio tributario determina il consolidamento della pretesa fiscale e l’apertura di una fase che, per chiara disposizione normativa, sfugge alla giurisdizione del giudice tributario, non essendo più in discussione l’esistenza dell’obbligazione tributaria né il potere impositivo sussumibile nello schema potestà – soggezione che è proprio del rapporto tributario (non tutte le controversie nelle quali abbia incidenza una norma fiscale si trasformano in controversie tributarie di competenza delle relative commissioni…)”.

Sulla base di tale indirizzo, si potrebbe desumere la giurisdizione del giudice ordinario, essendo il giudice ordinario l’unico naturalmente competente ad accertare l’esistenza di eventi estintivi del credito ed a svolgere la verifica dell’attualità del diritto dell’ente creditore di procedere ad esecuzione forzata.

Per altro verso, sempre le Sezioni Unite –(cfr. Cass. S.U.,14 aprile 2020, n. 7822) – hanno affermato che, pur nel solco del ricordato precedente, sussiste la cognizione del giudice tributario sui “fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi fino alla notifica della cartella ovvero fino al pignoramento in caso di notifica invalida della stessa, invece rimanendo al giudice ordinario la cognizione sulle questioni inerenti alla legittimità formale del pignoramento, a prescindere dalla notifica della cartella, oltreché la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa azionata verificatisi dopo la notifica della cartella e comunque una volta che l’esecuzione tributaria sia stata avviata”.

A tale conclusioni le Sezioni Unite sono giunte valorizzando la portata additiva della sentenza della Corte costituzionale n. 114/2018, con la quale la Consulta ha ritenuto che in relazione alla portata del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, la linea di confine fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione è costituita dalla notifica della cartella esattoriale, tenuto conto di quanto previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, per modo che le questioni insorgenti fino a tale momento restano devolute alla giurisdizione tributaria.

In base a tali premesse, le S.U., con la pronuncia qui annotata, hanno affermato il seguente principio di diritto: “Nel sistema del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49 e segg., ed in particolare dell’art. 57, di quest’ultimo, come emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 114 del 2018, il discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all’attuazione della pretesa tributaria che si sia manifestata con un atto esecutivo va fissato nei termini seguenti: a) alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all’atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e, dunque, rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all’esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa (con l’avvertenza, in questo secondo caso, che, se dedotta una situazione di nullità, mancanza, inesistenza di detta notifica, essa non si assuma rilevante ai fini della verificazione del fatto dedotto); b) alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell’atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito ad una valida notifica della cartella o dell’intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti (non deducendosi come vizio dell’atto esecutivo tale situazione), nonché dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi – nell’ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica – all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione (e dunque avesse legittimato ad impugnarli davanti alla giurisdizione tributaria)”.

3. Conclusioni: conseguenze sul piano pratico

In conclusione, nel prendere atto della formazione del nuovo orientamento della giurisprudenza di legittimità in subiecta materia, rimangono forti perplessità sugli aspetti pratici di tali pronunce: si pensi al caso in cui venga notificata al contribuente un’intimazione di pagamento riguardante crediti diversi, soggetti ad altrettante giurisdizioni, in tale ipotesi sarà necessario impugnare le singole pretese dinanzi ai diversi giudici competenti per materia.

Si pensi al caso (non raro) di un’intimazione di pagamento contenente una richiesta relativa a plurime cartelle per crediti relativi ad oneri previdenziali, IRPEF, sanzioni amministrative di scarso valore per violazione del codice della strada, oneri edilizi e revoca di agevolazioni economiche: il soggetto raggiunto da tale atto dovrebbe proporre opposizione avverso i singoli crediti incardinando ben cinque distinti giudizi, dinanzi al Giudice del lavoro per gli oneri previdenziali, dinanzi al Giudice Tributario per i crediti IRPEF, dinanzi al Giudice di Pace per la sanzioni amministrative per violazioni del CDS, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per gli oneri edilizi e dinanzi al Giudice ordinario civile per la revoca delle agevolazioni economiche.

Tale circostanza contrasta palesemente con il principio del giusto processo, pertanto, sarebbe auspicabile un intervento del legislatore, volto ad evitare un fastidioso andirivieni tra organi giudiziari, anche al fine armonizzare lo strumento dell’ opposizione agli atti dell’agente della riscossione con il predetto principio, di rango costituzionale e comunitario.

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